Una storia d'amore che non si ferma mai... il nostro Leo!
una coppia di aspiranti genitore che con fatica riescono a realizzare il sogno di mettere al mondo una splendida coppia di gemelli.
Tutto andava a gonfie vele, l’asilo bilingue per conservare nei bimbi la loro capacità di comprendere l’inglese, il festeggiamento del primo anno di età pieno di affetto e regali; le prime malattie e le prime paure ma soprattutto tanta gioia. Arriva la pandemia e questo maledetto "Covid", ma anche nell’isolamento della casa tutto procedeva a gonfie vele.
Ma come si sa la vita alterna gioie e dolori ed un giorno arriva la notizia della malattia del nonno e seduti al tavolo tristi decidiamo di trasferire per tre mesi mamma e gemellini negli Stati Uniti.
La malattia del nonno si risolve positivamente ma la pandemia ci impedisce di ristabilire il nostro equilibrio familiare e per un anno intero riesco a interagire con mamma e gemellini solo tramite lo schermo di un cellulare o di un tablet. Una misera consolazione ma grazie a Dio non sono diventato papà negli anni 80. In questo momento inizio a capire che qualcosa era cambiato. Il Piccolo Leo mi ignora al telefono e salta senza tregua sul divano, ma con la mamma ci ripetevamo: probabilmente il bimbo sta vivendo male il distacco! La cosa continua per settimane e decidiamo di far vedere il bimbo al pediatra che immediatamente, alla prima occhiata fornisce un’indicazione che ci raggela il sangue: “Vostro figlio molto probabilmente è autistico e bisogna immediatamente iniziare il percorso diagnostico e terapeutico”.
Autismo? Cosa vuol dire questa parola? Completamente ignorante a riguardo inizio a leggere notti intere tutto quello che esiste su internet riguardo l’autismo ed i bambini, e come ogni ricerca fatta su internet ha come conclusione le peggiori aspettative possibili al fianco dei più emozionante lieto fine. Ma quale sarà la sorte del mio bimbo?
Ricordo bene quel giorno, per la prima volta ho conosciuto il vero smarrimento. Come sarà la vita del mio Leo? Come potrò aiutarlo a vivere felice con questo problema? Era in qualche misura colpa mia questa situazione? Avevo sbagliato a permettere al bimbo di andare in America senza di me? Tutte queste domande affollavano i miei giorni e le mie notti ed il pianto spesso era quasi un conforto. Pregavo Dio di prendersi la mia salute e di ridare sorriso e vita agli occhi spenti del mio Leo, ma anche questo non era possibile. Dopo un percorso di supporto all’apprendimento ed un’osservazione da remoto (maledetto Covid) riesco ad organizzare il rientro della mia famiglia.
Arrivo negli Stati Uniti con tanti timori e l’incontro con il mio angelo mi ha raggelato il sangue. Per lui non esisteva più il papà. Ho lasciato un bimbo che quando tornavo a casa lasciava ogni cosa per correre ad abbracciarmi ed ho ritrovato un bimbo che non mi guarda negli occhi, non si gira al mio richiamo, non gradisce che lo abbracci.
Inizia il tragitto verso la giusta terapia per cercare di vedere se la sua situazione può migliorare ma siamo in Italia e veramente non funziona nulla se non paghi e quindi senza nemmeno pensarci due volte mi reco in un centro privato e pago diagnosi ed inizio la cura.
Ecco in questa fase della conoscenza dello spettro dell’autismo ancora vedi tutto nero ed inizi a capire cosa vuol dire veramente burocrazia, ma senza annoiarvi con i racconti della mia personale guerra, vi posso anticipare che in Lombardia alla fine con sofferenza e fatica un percorso per il bimbo ed un supporto economico lo trovi, va rinnovato di anno in anno sperando che non cancellino i fondi ma almeno esiste.
Accettate immediatamente di definire vostro figlio disabile e soggetto non autosufficiente perché è la condizione necessaria per accedere agli aiuti. Non disperate se dovete presentare diverse domande e parlare con tante persone perché questo è il sistema.
Pensate che il vostro bimbo dovrà essere
valutato da uno specialista, visitato da una commissione medica, seguito dai servizi sociali, affiancato ad un’educatrice nel percorso scolastico e supportato da un gruppo dell’ATS che deve redigere il piano multidisciplinare.
Rimboccatevi le maniche e procedete un passo alla volta. Il nostro obiettivo era di portare il nostro bimbo fuori dal suo torpore e di aiutarlo a dare il meglio di sé a terapia ed a scuola con la speranza che raggiungesse presto una sorta di autosufficienza e trovasse la sua via comunicativa.
Ebbene il percorso è quello giusto, il bimbo circondato da terapiste competenti, da genitori pieni d’amore, da una solida famiglia ed aiutato fortunatamente da un’educatrice preparata settimana dopo settimana inizia a mostrare parti di sé che avevamo dimenticato.
È come vedere crescere una pianta fragile in un vaso d’inverno, la proteggi al meglio delle tue possibilità ma cresce piano piano e sembra fragile ma cresce. Il bimbo inizia a comunicare!